L’Alzheimer, una malattia neurodegenerativa che colpisce tante persone, potrebbe iniziare a svilupparsi molto prima di quanto si pensi
Un grande pass per la scienza, è stato capire, attraverso svariati studi, che l’Alzheimer, può svilupparsi prima di quanto crediamo. Fino a 18 anni prima dalla diagnosi infatti, si potrebbero manifestare alcuni segnali premonitori. Sicuramente con lo stress e la stanchezza, non gli diamo peso, però alcuni potrebbero essere veri e propri campanelli d’allarme. Andiamo insieme in profondità su questa tematica molto importante.
Lo studio svolto sull’Alzheimer
L’Alzheimer, un morbo che erode la memoria e la capacità di ragionamento, rappresenta una delle sfide più temibili della nostra epoca. Ma la sua insidia potrebbe essere ancora più subdola di quanto si pensi: nuovi studi suggeriscono che i primi segni di questa malattia neurodegenerativa potrebbero emergere molto prima di quanto si immaginasse, addirittura fino a 18 anni prima della diagnosi ufficiale.
Uno studio cinese, pubblicato sulla prestigiosa rivista The New England Journal of Medicine, ha acceso un faro su questa sconcertante scoperta. I ricercatori hanno analizzato un campione di migliaia di persone di mezza età e anziane, tutte con un normale stato cognitivo. Attraverso un minuzioso lavoro di monitoraggio, che includeva esami regolari, scansioni cerebrali e test standardizzati, hanno individuato una serie di alterazioni biologiche che si verificano in una sequenza ben precisa, anticipando l’insorgenza dell’Alzheimer.
Il primo campanello d’allarme è un aumento della proteina beta-amiloide 42 nel liquido cerebrospinale, un fluido che circonda il cervello e il midollo spinale. Questo innalzamento è stato rilevato già 18 anni prima della diagnosi di Alzheimer, suggerendo che un processo di accumulo anomalo potrebbe iniziare molto presto.
Quali sono i segni che si possono notare
Nel corso degli anni successivi, si osservano altri cambiamenti: un’alterazione del rapporto tra le due forme di beta-amiloide (42 e 40), un aumento della proteina tau fosforilata (un precursore dei grovigli neurofibrillari tipici dell’Alzheimer) e un incremento della tau nel suo complesso.
Ancora più avanti, a circa 9 anni dalla comparsa dei sintomi, si manifestano i primi segni di danno neuronale. Le risonanze magnetiche, a 8 anni dalla diagnosi, mostrano un’atrofia dell’ippocampo, una parte del cervello fondamentale per la memoria e l’apprendimento.
Infine, a 6 anni dall’esordio clinico, i test standardizzati per la demenza evidenziano un declino cognitivo significativo, confermando l’avanzamento della malattia. Conoscere questi campanelli d’allarme assume un’importanza cruciale. Una diagnosi precoce, infatti, può permettere di intervenire tempestivamente con trattamenti mirati, migliorando la qualità della vita dei pazienti e rallentando la progressione della malattia.