Sapevi che puoi prendere la NASPI se ti dimetti? Ecco come fare per lasciare il lavoro e percepire comunque la NASPI.
La NASPI è un ammortizzatore sociale che permette di percepire un reddito se si perde involontariamente il lavoro, per cui sembra strano che possa prenderla anche chi sceglie di dimettersi, ma c’è un modo. Ecco cosa bisogna fare.
Cos’è la NASPI e come funziona
La NASPI è l’acronimo per Nuova Assicurazione Sociale Per l’Impiego, ed è il principale ammortizzatore sociale per chi perde il lavoro in modo involontario. Introdotta con il Jobs Act di Matteo Renzi, questa misura consente a chi si ritrova senza lavoro non per propria colpa, di ricevere un’indennità da parte dell’INPS. La cosa più importante per riuscire a percepire la NASPI è l’involontarietà della perdita del lavoro, per cui chi si dimette non può ricevere l’indennità.
La NASPI infatti spetta ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato, fatta eccezione per i lavoratori agricoli, che rientrano nel perimetro della Disoccupazione Agricola, per i collaboratori coordinati e continuativi, che hanno la DIS-COLL, e per i lavoratori statali con contratto a tempo indeterminato, per cui non è prevista alcuna indennità.
Si può percepire la NASPI anche se si viene licenziati nell’ambito di un licenziamento collettivo, di una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, di scadenza del contratto a tempo determinato e di un licenziamento disciplinare. L’importante è che si venga licenziati. Quello che in pochi sanno però, è che la NASPI è prevista anche per chi dà le dimissioni, solamente a una condizione ben precisa. Vediamo insieme chi può dimettersi e percepire comunque la NASPI, e come farne richiesta.
Prendere la NASPI se ti dimetti
La NASPI prevede un’eccezione alla regola dell’involontarietà descritta sopra, solamente nel caso in cui dietro le dimissioni, e quindi la manifesta volontà di interrompere il rapporto di lavoro, ci sia una buona causa. Infatti, le dimissioni per giusta causa sono delle dimissioni a tutti gli effetti, ma che sono generate da fattori esterni e “cause di forza maggiore” esterne alla volontà del lavoratore. Ecco perchè chi si dimette con una giusta causa può comunque percepire la NASPI: non aveva scelta se non dimettersi.
Nello specifico, le dimissioni per giusta causa riguardano tutte quelle casistiche non riconducibili alla libera scelta del lavoratore, e stando alla circolare INPS a riguardo, le dimissioni volontarie per giusta causa “danno diritto alla disoccupazione, alla pari delle dimissioni intervenute durante il periodo tutelato di maternità”. Ecco quindi gli unici due casi in cui ci si può dimettere e percepire comunque la NASPI.
Un’altra caratteristica delle dimissioni per giusta causa è che esulano dall’obbligo di preavviso al datore di lavoro. Volendo fare degli esempi pratici, ci si può dimettere per giusta causa quando si verifica il mancato pagamento dello stipendio ripetutamente, oppure quando il datore di lavoro non versa i contributi spettanti, in caso di molestie, mobbing o peggioramenti delle condizioni lavorative. Ad ogni modo, per vedere la lista completa delle dimissioni per giusta causa, si può consultare l’articolo 2119 del Codice Civile.
Ovviamente, le dimissioni devono essere formalizzate e la giusta causa dimostrata, e il tutto si può fare seguendo una procedura apposita sul sito del Ministero del Lavoro.