In attesa di capire quale sarà il suo prossimo progetto televisivo, riemerge un’intervista di tempo fa. La bordata non passa inosservata
Si è fatto conoscere al grande pubblico soprattutto per il suo programma Una pezza di Lundini, andato in onda per tre stagioni su Rai 2 tra il 2020 e il 2022, ma di recente lo abbiamo visto anche al cinema in coppia con Sergio Castellitto ne Il più bel secolo della mia vita, di Alessandro Bardani.
Per non parlare del successo ottenuto a teatro con il suo spettacolo intitolato Il mansplaining spiegato a mia figlia – oltre al seguito che ha ottenuto come musicista insieme alla band de I Vazzanikki. Valerio Lundini è tra i personaggi più interessanti in circolazione, non tutti conoscono però le sue fonti d’ispirazione.
“Non sono mai stato un amante dei programmi comici, però avevo la passione per il cinema di Mel Brooks e del trio formato da Jim Abrahams e i fratelli David e Jerry Zucker”, aveva spiegato qualche tempo fa in un’intervista concessa ai microfoni di Internazionale, sottolineando come in quelle pellicole il sistema adottato per far divertire il pubblico fosse profondamente diverso rispetto a quello ‘canonico’: “Da bambino ero abituato a vedere i comici in tv come delle persone che il presentatore trattava come dei deficienti e pensavo: ‘Ma io non vorrei mai essere così’”.
Durante il lockdown è riuscito a cogliere un’importantissima occasione per farsi conoscere. Dopo aver partecipato alla trasmissione Battute con Riccardo Rossi, Valerio Lundini si è ritagliato uno spazio importante all’interno del mondo dello spettacolo grazie a Una pezza di Lundini. Un tuttofare: comico, conduttore, musicista, autore e scrittore ma soprattutto personaggio a tuttotondo. Incuriositi dal suo universo, in tanti si sono chiesti quali potessero essere i modelli che lo hanno formato.
Parlando ai microfoni di Internazionale spiegava di non aver mai apprezzato un certo genere di comicità: “Non ho mai amato i personaggi ca**oni tipo Jim Carrey, preferirei morire piuttosto che fare le facce che fa lui. Far ridere per me significa prendere delle persone reali e non delle macchiette”, aveva ammesso per poi aggiungere: “Mi ha sempre dato fastidio che L’aereo più pazzo del mondo e film simili venissero chiamati demenziali, a me sembrava demenziale tutto il resto”.
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